La cliente si rivolgeva allo studio in quanto imputata per il reato di guida in stato d’ebbrezza (art. 186, comma 2, lett. c) e comma 2 bis, CdS).
Essendole stato riscontrato, dopo gli accertamenti ematici, un tasso alcolemico pari a 2,24 g/l ed avendo la stessa provocato un incidente stradale, in caso di condanna, rischiava, oltre alla pena, la revoca della patente di guida ed il sequestro del mezzo.
Avanti al Giudice rodigino, lo studio eccepiva la nullità degli accertamenti alcolemici tramite prelievo ematico svolti in pronto soccorso dove la cliente, sempre perfettamente cosciente, era stata condotta a seguito del sinistro, in quanto, detti accertamenti, avendo natura di atti urgenti ex art. 354 cpp, dovevano essere preceduti dall’avviso all’indagata della facoltà di farsi assistere da un difensore.
Nel caso di specie, nessun avviso era stato dato alla nostra assistita, dunque lo studio chiedeva al Giudice di dichiarare la nullità delle analisi svolte e conseguentemente assolvere l’imputata per radicale assenza di ogni prova dell’affermato stato d’ebbrezza.
Il Giudice, accogliendo i rilievi difensivi, osservava che: “[…] non si può affermare la responsabilità penale dell’imputata in ordine al reato a lei ascritto essendo nulli gli esiti degli accertamenti relativi alla concentrazione di alcol nel sangue […]. Non c’è traccia agli atti […] dell’avviso alla paziente delle sue facoltà di legge […]. La relativa nullità è stata tempestivamente eccepita prima della sentenza di primo grado. Essi [accertamenti ematici n.d.r.] dunque non possono essere utilizzati ai fini della decisione e di conseguenza l’imputata va mandata assolta dal reato a lei ascritto perché il fatto non sussiste”
